L'ISPRA si è, quindi, mobilitata comunicando i punti di visti sui seguenti temi:
- Addestramento ed allenamento dei cani da caccia – L’addestramento e l’allenamento dei cani comportano uno stress aggiuntivo per le popolazioni di fauna stanziale, particolarmente nel caso dei Galliformi, dei Lagomorfi e degli Ungulati, e, nelle condizioni sopra descritte, possono indurre una mortalità non trascurabile. Per questa ragione sarebbe opportuno sospendere l’autorizzazione a svolgere questo genere di attività sino al venir meno delle attuali condizioni climatiche e al ripristino delle condizioni ambientali, incluse quelle vegetazionali.
- Caccia da appostamento – Sino a quando continuerà il deficit idrico si ritiene opportuno venga previsto il divieto di caccia da appostamento, che potrebbe determinare una concentrazione del prelievo in corrispondenza dei punti di abbeverata. Tale divieto risulta di particolare rilevanza qualora sia stata autorizzata l’anticipazione del prelievo (la cosiddetta preapertura) nei confronti di talune specie.
- Caccia agli uccelli acquatici – La riduzione dell’estensione delle aree umide con caratteristiche idonee ad ospitare l’avifauna acquatica deve indurre alla cautela; in particolare, si ritiene opportuno venga previsto un posticipo all’inizio di ottobre dell’apertura della stagione venatoria agli Anatidi e agli altri uccelli di palude. Si ricorda peraltro che tale indicazione, motivata da considerazioni biologiche e tecniche che prescindono dalle condizioni climatiche contingenti, è contenuta nel documento “Guida per la stesura dei calendari venatori ai sensi della legge n. 157/92, così come modificata dalla legge comunitaria 2009, art. 42” a suo tempo trasmesso da ISPRA alle Amministrazioni regionali. Sulla base dell’andamento climatico che caratterizzerà il prossimo mese di settembre, si potrà valutare se la situazione si sarà normalizzata o richiederà ulteriori misure di tutela.
- Caccia alle specie stanziali – L’introduzione di eventuali misure atte a limitare il prelievo sulle popolazioni delle specie non migratrici dovranno essere valutate caso per caso, sulla base dei dati sul successo riproduttivo raccolti a livello locale dagli organismi di gestione degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini. In assenza di informazioni dettagliate a riguardo, si ritiene opportuno vengano adottate a titolo precauzionale misure volte a limitare la pressione venatoria nel corso della stagione (ad esempio attraverso la riduzione del periodo di caccia o la limitazione del carniere consentito). Particolare attenzione dovrà essere prestata nelle situazioni ove è prassi abituale effettuare ripopolamenti di lepri o di Galliformi nel corso dell’estate; la mortalità dei soggetti rilasciati, già elevata in condizioni ambientali normali, nella situazione attuale potrebbe diventare talmente alta da rendere pressoché inefficace lo stesso intervento di ripopolamento. Qualora non siano ancora stati effettuati i rilasci, si suggerisce di attendere il miglioramento delle condizioni ambientali e, conseguentemente, di posticipare l’apertura della caccia nei confronti delle specie oggetto di ripopolamento per consentire l’ambientamento dei soggetti immessi. In caso contrario, si ritiene realistico ritenere che solo una frazione minima dei contingenti introdotti in natura sia ambientata, pertanto si suggerisce di adottare provvedimenti volti ad evitare che si eserciti un eccessivo prelievo nei confronti delle popolazioni naturali.
- Caccia nelle aree interessate da incendi - L’esercizio dell’attività venatoria a carico di talune specie può rappresentare un ulteriore motivo di aggravamento delle condizioni demografiche delle popolazioni interessate, non solo nelle aree percorse dagli incendi, ma anche nei settori limitrofi e interclusi, allorquando l’azione del fuoco abbia interessato percentuali importanti di un’area (es. oltre il 30%) e quando gli incendi si siano succeduti nell’arco degli ultimi anni negli stessi comprensori. Lo scrivente Istituto è dunque del parere che le Amministrazioni competenti dovrebbero attivare specifiche iniziative di monitoraggio soprattutto a carico delle popolazioni di fauna selvatica stanziale o nidificante, potenzialmente oggetto di prelievo venatorio, assumendo di conseguenza eventuali misure di limitazione del prelievo stesso. In particolare dovrebbero essere emanati adeguati provvedimenti affinché il divieto di caccia nelle aree forestali incendiate (come già previsto dalla Legge 353/2000, art. 10, comma 1 per le sole aree boscate) sia esteso almeno per due anni a tutte le aree percorse dal fuoco (cespuglieti, praterie naturali e seminaturali, ecc.), nonché ad una fascia contigua alle aree medesime, le cui dimensioni debbono essere stabilite caso per caso in funzione delle superfici incendiate, della loro distribuzione e delle caratteristiche ambientali delle aree circostanti
La stagione venatoria si sta per avviare, ma restano alti i dubbi e le attese di eventuali cambi di posizione da parte delle regioni.
Solo il tempo ci dirà cosa avverrà...
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