"Salviamo il porto d'armi", la chat condivisa fra decine di cacciatori della Valcamonica, e non solo, non proprio ligi alle regole...
Sfruttando la rapidità della messaggistica istantanea alcune persone hanno ben pensato di creare una sorta di "
rete di protezione" dove potersi avvisare a vicenda dell'arrivo della polizia provinciale, carabinieri forestali o guardie volontarie LIPU o WWF.
Il gruppo di chat era intitolato "
Salviamo il porto d'armi" e come immagine riportava un pettirosso. Era condiviso soprattutto fra "
capannisti" che, grazie ai tempestivi avvisi, potevano rimuovere tutti gli illeciti prima dell'arrivo dei controlli.
Sulla chat venivano condivise anche le foto di auto civetta e si scambiavano consigli su metodi illeciti.
Era talmente cresciuto negli ultimi tempi che, per fortuna, è arrivata la notizia anche alle autorità.
C'è voluta un'attenta operazione del nucleo operativo antibracconaggio per arrivare agli ideatori del gruppo whatsApp, due capannisti, padre e figlio, di Gianico.
Una vera e propria task force ha permesso poi di cogliere in flagrante i due bracconieri.
I Carabinieri hanno bloccato le comunicazioni telematiche in zona per evitare di far scattare la chat di segnalazione ed in pochi minuti sono arrivati al capanno. I due cacciatori di frodo si sono ritrovati del tutto sorpresi da spiegamento di forze e dal non aver ricevuto alcun avviso.
I bracconieri avevano abbattuto prede protette e non erano riusciti a nasconderle prima dell'arrivo dei controlli.
La Procura della Repubblica di Brescia ha avviato un'indagine per individuare tutti gli appartamenti del gruppo che rischiano l'imputazione di "associazione per delinquere ai fini dell'elusione di controlli di Polizia Giudiziaria".
Grazie all'esame dei messaggi scambiati sulla chat sono anche state avviate una serie di perquisizioni in tutti il bresciano che hanno permesso di scoprire altri bracconieri ed una tesa con più di cento archetti.
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