In appena tre anni crollo del 70% dei preti cacciatori
I tempi cambiano ed alcune immagini del passato spariscono. Sto parlando dei cacciatori la domenica che partivano in vespa con la gabbietta ed il fucile a tracolla o le scene di caccia che a volte apparivano nei film degli anni '80. Questa immagine del cacciatore come la normalità oggi viene sempre meno in una società sempre più concentrata nelle città e lontana dalle campagne e dalla ruralità.
Un tempo non faceva così tanto scandalo se il prete del paese fosse cacciatore e si unisse ai suoi parrocchiani in tradizionali giornate venatorie.
Oggi giorno non è così e l’Associazione Italiana Difesa Animali e Ambiente (
AIDAA) ha pubblicato con orgoglio i dati raggiunti con "
appena" 40 preti che la prossima stagione andranno a caccia. Un trend fortemente in diminuzione e si stima che i colletti bianchi che vanno a caccia siano
-70% da tre anni a questa parte.
Insomma, niente più preti in stile "
Don Camillo", il personaggio inventato da Giovannino Guareschi, che fra una messa ed una disputa con l'eterno nemico Peppone curava le sue amate galline e andava a caccia con la tradizionale doppietta.
Lorenzo Croce, presidente di AIDAA, commenta i dati indicando come la forte dimiuzione sia dovuta all'età avanzata dei preti simpatizzanti la caccia e, al tempo stesso, all'azione di dissuasione ed informazione che la stessa associazione ha cercato di diffondere nel tempo.
La stessa associazione che tempo fa scrisse a Papa Francesco affinchè impesse ai preti di impugnare le armi contro le altre creature di Dio. Sembrerebbe, infatti, che ci sia stato un intervento "informale" atto a convincere molti preti a lasciare perdere la pratica della caccia.
Ad incidere anche la paura di un ennesimo scandolo come quello avvenuto a Don Luciano Bardesone, parrocolo e cacciatore amante delle armi di Lusigliè (Torino), vittima di un furto in canonica durante il quale gli vennero sottratte anche due pistole. Quell'episodio sollevò un polverone sui preti armati e sull'etica dei predicatori di pace che sparano.
Un altro esempio è il povero don Dario Sittoni classe 1938 colpito da un blitz di un gruppo di animalsti, durante una sua celebrazione, che hanno inveito contro di lui a parole e stendendo un lenzuolo con la scritta «Quinto comandamento: non uccidere. Cacciatori assassini».
Questi esempi, assieme a tanti altri, all'accanimento dei media e delle persone sui social contro la caccia, la crisi e le maggiori limitazioni a cui vanno ogni anno incontro i cacciatori hanno sicuramente influito notevolmente nella decisione in molti, preti compresi, ad abbandonare l'arte venatoria.
Davvero un gran peccato se consideriamo che la caccia anticamente era considerata arte nobile e se la natura in Italia si è ridotta ad uno stato pietoso non è colpa sicuramente della caccia rispettosa e tradizionalista...
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