Un calendario che sulla carta permetteva di svolgere con tranquillità e nei modi corretti la caccia giustificandone i costi e l'impegno necessario.
La stagione si apre al meglio con le tre giornate di preapertura.
Peccato che da li a poco, esattamente il 24 settembre arriva il ricorso al tar da parte delle associazioni ambientaliste che vieta lo svolgimento delle attività venatorie nelle aree ZPS per la mancanza del documento sulla valutazione d'incidenza (VincA) e la chiusura anticipata al 14 gennaio alle specie classificate nocive: Colombaccio, Cornacchia Grigia, Ghiandaia e Gazza.
Certamente la prima notizia ha fatto da protagonista con la caccia nelle aree ZPS che stava per avviarsi da giorno 1 ottobre e che impatta sul 17,4% del territorio calabrese.
Con le ZPS chiuse i cacciatori si sono ritrovati impossibilitati a frequentare molte zone e a concentrarsi in pochissime aree determinando una forte pressione venatoria penalizzando solamente i quest’ultimi e la poca fauna stanziale presente.
Fauna stanziale che già dopo le prime uscite si è rifugiata o a ridosso delle aree cittadine o nelle tante aree protette, parchi ed oasi sul territorio.
Per un documento che doveva essere pronto sicuramente prima di redigere ed approvare il calendario.
Sono tanti a lamentarsi e non solo cacciatori. In primis ci sono gli agricoltori delle aree ZPS soffocati dalle difficoltà del momento ed aggravate dall'emergenza cinghiale. Questi vedono nelle attività venatorie solamente un'opportunità per rifiatare e ridurre i danni alle colture da parte delle fauna selvatica ed al tempo stesso trovare negli stessi cacciatori potenziali clienti. Nella lista ci sono anche piccole attività come bar, panifici e botteghe dei paesi più rurali che accolgono il periodo della caccia come linfa per poter sopravvivere.
Dovrà passare tutto ottobre che finalmente le acque si muovano e finalmente, il 2 novembre arriva, grazie alla delibera numero 354 le modifiche integrative al calendario venatorio che permettono di svolgere le attività venatorie anche nelle aree ZPS nei modi e nei tempi previsti.
Non c'è neanche il tempo di festeggiare che l'incubo dell'Italia in lockdown si riaffaccia e compaiono le odiate zone colorate dal giallo al rosso.
La Calabria non brilla certamente in nessuno settore e finisce zona rossa per l'incompetenza dei commissari alla sanità che non attuano alcun piano per la gestione COVID lasciando la regione abbandonata a se stessa.
Col colore rosso vuol dire niente caccia. Ci sono dovute ben due settimane per comprendere se l'attività venatoria rientrasse fra le attività praticabili, ma alla fine, non essendo considerata una sport rientra fra le attività non praticabili nelle aree rosse.
Mentre all'improvviso tutti si improvvisano sportivi, maratoneti e ciclisti, pur di uscire rischiando di creare piccoli assembramenti nelle piccole aree verdi, noi cacciatori siamo chiusi con i nostri ausiliari a guardare le belle giornate che il tempo sta concedendo dietro la finestra.
Deve arrivare il 29 novembre che finalmente si esce dall'incubo della zona rossa per passare arancioni.
Per molti come è stato come rifiatare. La settimana lavoro e la domenica "libertà" pur se all'interno del proprio comune di residenza.
Non sono poche le problematiche, per chi come me vive in città, cacciare solamente nel proprio comune è un problema. Le zone dove è possibile cacciare sono risicate ed i cacciatori tanti.
La Toscana è la regione più virtuosa per il primo prima di diventare arancioni emana un'ordinanza che permette ai cacciatori di spostarsi per le loro attività all'interno dei propri ATC.
La calabria arriva un po' dopo, esattamente il 7 dicembre con l'ordinanza firmata dal Presidente della Regione, Nino Spirlì.
Per molti una liberazione che permette di raggiungere i posti di caccia amati e ricongiungersi alla propria squadra per la caccia al cinghiale.
Si torna un pochino all'euforia e dalla gioia di poter praticare la propria passione, nel rispetto delle disposizioni anti covid, e potersi rilassare all'aria aperta.
In pochi, se non i praticanti pensano alle chiusura anticipata al Colombaccio e ai "corvidi".
Il ricorso del TAR aveva accettato le richieste delle associazioni ambientaliste che memori di altre sentenze presso altri tribunali regionali esigevano la chiusura anticipata di 15 giorni alle specie la cui caccia era stata concessa in preapertura anticipandola così di due settimane.
Peccato che nessuno avevo fatto caso che già il calendario venatorio, per non andare a consentire un prelievo temporale maggiore di quello previsto, chiudeva la caccia alle specie oggetto delle controversie il 15 dicembre per poter poi concederne il prelievo, esclusivamente da appostamento, dal 15 gennaio.
Un mese che doveva compensare l'anticipo e l'eventuale posticipo.
Invece viene tutto bloccato ed i giorni da dedicare alle specie considerate nocive si possono, così, contare quasi sulle dita delle mani. Non tutti possiamo svolgere la caccia durante la settimana e chi, come me, svolge l'attività venatoria la domenica si è praticamente visto precluso la possibilità di praticare una delle cacce che vado privilegiando come l'appostamento al Colombaccio e corvidi.
Si cerca di rimediare con le altre specie nel calendario, ma se si va a vedere l'elenco, seppure sembri abbastanza folto, praticamente, almeno nelle mie zone, rimangono solo i tordi e la beccaccia.
Purtroppo per i primi non è annata ed i carnieri sono spesso vuoti, ma la voglia di stare all'aperto tanta.
Arriva il decreto natale e blocchi a parte si comincia a pensare a quel calendario così strano che permette di uscire nella prima decade di febbraio, ma non contempla specie cacciabili.
Arriva fine dicembre e forse arriva l'unica nota positiva di questa stagione. Il 30 dicembre probabilmente su pressione dei diretti interessati e degli agricoltori viene, per la prima volta che ho memoria, redatto un nuovo calendario con la delibera 504.
Quest'ultima visto l'impossibilità delle squadre di poter garantire un numero sufficiente di abbattimenti di cinghiali a causa delle restrizioni che hanno impedito lo svolgimento delle battute,concede il prelievo del cinghiale per tutto il mese di gennaio.
Per il resto il calendario rimane invariato con le precedenti indicazioni di chiusura al 10 febbraio senza la possibilità di poter prelevare alcuna specie. Una sorta di copia ed incolla del precedente con la sola modifica della caccia al cinghiale.
Ormai tutti noi cacciatori avevamo perso la speranza di poter usufruire del posticipo di febbraio.
A beffa solamente giorno 1 febbraio la regione informa che non è stato possibile inserire il prelievo del Colombaccio e corvidi a febbraio per il parere negativo dell'ISPRA.
Perchè beffa?
Ad agosto per invogliare i cacciatori al rinnovo il posticipo è stato garantito così come in altre regioni dove si svolgerà come previsto, mentre di colpo si annulla il tutto ed alla fine si scarica la colpa all'ente superiore per la protezione e la ricerca ambientale che dal cilindro tira fuori un comma della legge sulla caccia che pone il 31 gennaio come termine massimo per i prelievi delle specie cacciabili.Tale comma è sempre esistito e non è apparso di recente..
Mi viene da pensare come sia possibile, allora, che la stazione 2019/2020 sia stato concesso il posticipo e come sia possibile che in altre regioni come Lazio e Campania (ad esempio) si sta attualmente svolgendo.
Personalmente reputo solamente di esser stato preso in giro. Di aver pagato e rinnovato i versamenti a seguito di un calendario che è stato modificato in corso d'opera (sempre dopo che uno paga) non una volta, ma in più occasioni.
Tuttavia ciò che purtroppo ha maggiormente ha deluso e stata la mancanza di importanza dimostrata verso una categoria come noi cacciatori sempre più maltrattata e penalizzata nonostante svolge le sue attività nei termini e modi prescritti dalla legge cercando di salvaguardare il più possibile gli ambienti rurali e la natura (senza natura il cacciatore non esiste).
Nessuno potrà ridarci i torsi subiti principalmente per le mancanze di attenzioni e/o rispetto da parte delle amministrazioni, degli assessorati e politi che mal hanno svolto il loro operato permettendo alle associazioni ambientaliste di approfittare dei loro errori per penalizzarci.
Si dovrà fare molto nei prossimi mesi per cercare di rimediare e riconquistare la fiducia dei cacciatori e non è scontato che il prossimo settembre, sempre se la caccia riparta, il numero dei rinnovi non scenda drasticamente....
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