1. Per l'utilizzazione dei fondi inclusi nel piano faunistico-venatorio regionale ai fini della
gestione programmata della caccia, è dovuto ai proprietari o conduttori un contributo da
determinarsi a cura della amministrazione regionale in relazione alla estensione, alle condizioni
agronomiche, alle misure dirette alla tutela e alla valorizzazione dell'ambiente.
2. All'onere derivante dalla erogazione del contributo di cui al comma 1, si provvede con il
gettito derivante dalla istituzione delle tasse di concessione regionale di cui all'articolo 23.
3. Il proprietario o conduttore di un fondo che intenda vietare sullo stesso l'esercizio
dell'attività venatoria deve inoltrare, entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico-venatorio, al presidente della giunta regionale richiesta motivata che, ai sensi
dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dalla stessa è esaminata entro sessanta
giorni.
4. La richiesta è accolta se non ostacola l'attuazione della pianificazione faunistico-venatoria di
cui all'articolo 10. é altresì accolta, in casi specificatamente individuati con norme regionali,
quando l'attività venatoria sia in contrasto con l'esigenza di salvaguardia di colture agricole
specializzate nonché di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali o a fine di ricerca
scientifica, ovvero quando sia motivo di danno o di disturbo ad attività di rilevante interesse
economico, sociale o ambientale.
5. Il divieto è reso noto mediante l'apposizione di tabelle, esenti da tasse, a cura del
proprietario o conduttore del fondo, le quali delimitino in maniera chiara e visibile il perimetro
dell'area interessata.
6. Nei fondi sottratti alla gestione programmata della caccia è vietato a chiunque, compreso il
proprietario o il conduttore, esercitare l'attività venatoria fino al venir meno delle ragioni del
divieto.
7. L'esercizio venatorio è, comunque, vietato in forma vagante sui terreni in attualità di
coltivazione. Si considerano in attualità di coltivazione: i terreni con coltivazioni erbacee da
seme; i frutteti specializzati; i vigneti e gli uliveti specializzati fino alla data del raccolto; i
terreni coltivati a soia e a riso, nonché a mais per la produzione di seme fino alla data del
raccolto. L'esercizio venatorio in forma vagante è inoltre vietato sui terreni in attualità di
coltivazione individuati dalle regioni, sentite le organizzazioni professionali agricole
maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture regionali, in
relazione all'esigenza di protezione di altre colture specializzate o intensive.
8. L'esercizio venatorio è vietato a chiunque nei fondi chiusi da muro o da rete metallica o da
altra effettiva chiusura, di altezza non inferiore a metri 1,20, o da corsi o specchi d'acqua
perenni il cui letto abbia la profondità di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno 3 metri. I
fondi chiusi esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge e quelli che si intenderà
successivamente istituire devono essere notificati ai competenti uffici regionali. I proprietari o i
conduttori dei fondi di cui al presente comma provvedono ad apporre a loro carico adeguate
tabellazioni esenti da tasse.
9. La superficie dei fondi di cui al comma 8 entra a far parte della quota dal 20 al 30 per cento
del territorio agro-silvo-pastorale di cui all'articolo 10, comma 3.
10. Le regioni regolamentano l'esercizio venatorio nei fondi con presenza di bestiame allo stato
brado o semibrado, secondo le particolari caratteristiche ambientali e di carico per ettaro, e
stabiliscono i parametri entro i quali tale esercizio è vietato nonché le modalità di delimitazione
dei fondi stessi.
11. Scaduti i termini di cui all'articolo 36, commi 5 e 6, fissati per l'adozione degli atti che
consentano la piena attuazione della presente legge nella stagione venatoria 1994-1995, il
Ministro dell'agricoltura e delle foreste provvede in via sostitutiva secondo le modalità di cui
all'articolo 14, comma 15. Comunque, a partire dal 31 luglio 1997 le disposizioni di cui al primo
comma dell'articolo 842 del codice civile si applicano esclusivamente nei territori sottoposti al
regime di gestione programmata della caccia ai sensi degli articoli 10 e 14 (1).
(1) Comma così modificato dall'art. 11-bis, d.l. 23 ottobre 1996, n. 542, conv. in l. 23
dicembre 1996, n. 649.
1. Le regioni, con apposite norme, sentite le organizzazioni professionali agricole
maggiormente rappresentative a livello nazionale e le province interessate, ripartiscono il
territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata ai sensi dell'articolo 10,
comma 6, in ambiti territoriali di caccia, di dimensioni subprovinciali, possibilmente omogenei e
delimitati da confini naturali.
2. Le regioni tra loro confinanti, per esigenze motivate, possono, altresì, individuare ambiti
territoriali di caccia interessanti anche due o più province contigue.
10
3. Il Ministero dell'agricoltura e delle foreste stabilisce con periodicità quinquennale, sulla base
dei dati censuari, l'indice di densità venatoria minima per ogni ambito territoriale di caccia.
Tale indice è costituito dal rapporto fra il numero dei cacciatori, ivi compresi quelli che
praticano l'esercizio venatorio da appostamento fisso, ed il territorio agro-silvo-pastorale
nazionale.
4. Il Ministero dell'agricoltura e delle foreste stabilisce altresì l'indice di densità venatoria
minima per il territorio compreso nella zona faunistica delle Alpi che è organizzato in
comprensori secondo le consuetudini e tradizioni locali. Tale indice è costituito dal rapporto tra
il numero dei cacciatori, ivi compresi quelli che praticano l'esercizio venatorio da appostamento
fisso, e il territorio regionale compreso, ai sensi dell'articolo 11, comma 4, nella zona faunistica
delle Alpi.
5. Sulla base di norme regionali, ogni cacciatore, previa domanda all'amministrazione
competente, ha diritto all'accesso in un ambito territoriale di caccia o in un comprensorio
alpino compreso nella regione in cui risiede e può aver accesso ad altri ambiti o ad altri
comprensori anche compresi in una diversa regione, previo consenso dei relativi organi di
gestione.
6. Entro il 30 novembre 1993 i cacciatori comunicano alla provincia di residenza la propria
opzione ai sensi dell'articolo 12. Entro il 31 dicembre 1993 le province trasmettono i relativi
dati al Ministero dell'agricoltura e delle foreste.
7. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 6, il Ministero
dell'agricoltura e delle foreste comunica alle regioni e alle province gli indici di densità minima
di cui ai commi 3 e 4. Nei successivi novanta giorni le regioni approvano e pubblicano il piano
faunistico-venatorio e il regolamento di attuazione, che non può prevedere indici di densità
venatoria inferiori a quelli stabiliti dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste. Il regolamento
di attuazione del piano faunistico-venatorio deve prevedere, tra l'altro, le modalità di prima
costituzione degli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini, la
loro durata in carica nonché le norme relative alla loro prima elezione e ai successivi rinnovi.
Le regioni provvedono ad eventuali modifiche o revisioni del piano faunistico-venatorio e del
regolamento di attuazione con periodicità quinquennale.
8. È facoltà degli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini, con
delibera motivata, di ammettere nei rispettivi territori di competenza un numero di cacciatori
superiore a quello fissato dal regolamento di attuazione, purché si siano accertate, anche
mediante censimenti, modificazioni positive della popolazione faunistica e siano stabiliti con
legge regionale i criteri di priorità per l'ammissibilità ai sensi del presente comma.
9. Le regioni stabiliscono con legge le forme di partecipazione, anche economica, dei cacciatori
alla gestione, per finalità faunistico-venatorie, dei territori compresi negli ambiti territoriali di
caccia e nei comprensori alpini ed, inoltre, sentiti i relativi organi, definiscono il numero dei
cacciatori non residenti ammissibili e ne regolamentano l'accesso.
10. Negli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia deve essere assicurata la presenza
paritaria, in misura pari complessivamente al 60 per cento dei componenti, dei rappresentanti
di strutture locali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a
livello nazionale e delle associazioni venatorie nazionali riconosciute, ove presenti in forma
organizzata sul territorio. Il 20 per cento dei componenti è costituito da rappresentanti di
associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente e il 20 per
cento da rappresentanti degli enti locali.
11. Negli ambiti territoriali di caccia l'organismo di gestione promuove e organizza le attività di
ricognizione delle risorse ambientali e della consistenza faunistica, programma agli interventi
per il miglioramento degli habitat, provvede all'attribuzione di incentivi economici ai conduttori
dei fondi rustici per:
a) la ricostituzione di una presenza faunistica ottimale per il territorio; le coltivazioni per
l'alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli soprattutto nei terreni dismessi da
interventi agricoli ai sensi del regolamento (CEE) n. 1094/88 del Consiglio del 25 aprile 1988; il
ripristino di zone umide e di fossati; la differenziazione delle colture; la coltivazione di siepi,
cespugli, alberi adatti alla nidificazione;
b) la tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica nonché dei riproduttori;
c) la collaborazione operativa ai fini del tabellamento, della difesa preventiva delle coltivazioni
passibili di danneggiamento, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della
manutenzione degli apprestamenti di ambientamento della fauna selvatica.
12. Le province autorizzano la costituzione ed il mantenimento degli appostamenti fissi senza
richiami vivi, la cui ubicazione non deve comunque ostacolare l'attuazione del piano faunisticovenatorio.
Per gli appostamenti che importino preparazione del sito con modificazione e
occupazione stabile del terreno, è necessario il consenso del proprietario o del conduttore del
fondo, lago o stagno privato. Agli appostamenti fissi, costituiti alla data di entrata in vigore
della presente legge, per la durata che sarà definita dalle norme regionali, non è applicabile
l'articolo 10, comma 8, lettera h).
13. L'appostamento temporaneo è inteso come caccia vagante ed è consentito a condizione
che non si produca modifica di sito.
14. L'organo di gestione degli ambiti territoriali di caccia provvede, altresì, all'erogazione di
contributi per il risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e
dall'esercizio dell'attività venatoria nonché alla erogazione di contributi per interventi,
previamente concordati, ai fini della prevenzione dei danni medesimi.
15. In caso di inerzia delle regioni negli adempimenti di cui al presente articolo, il Ministro
dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro dell'ambiente, assegna ad esse il
termine di novanta giorni per provvedere, decorso inutilmente il quale il Presidente del
Consiglio dei ministri provvede in via sostitutiva, previa deliberazione del Consiglio dei ministri
su proposta del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, di concerto con il Ministro
dell'ambiente.
16. A partire dalla stagione venatoria 1995-1996 i calendari venatori delle province devono
indicare le zone dove l'attività venatoria è consentita in forma programmata, quelle riservate
alla gestione venatoria privata e le zone dove l'esercizio venatorio non è consentito.
17. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, in base alle
loro competenze esclusive, nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti ed ai sensi dell'articolo 9 della
legge 9 marzo 1989, n. 86, e nel rispetto dei principi della presente legge, provvedono alla
pianificazione faunistico-venatoria, alla suddivisione territoriale, alla determinazione della
densità venatoria, nonché alla regolamentazione per l'esercizio di caccia nel territorio di
competenza.
1. L'attività venatoria è consentita con l'uso del fucile con canna ad anima liscia fino a due
colpi, a ripetizione e semiautomatico, con caricatore contenente non più di due cartucce, di
calibro non superiore al 12, nonché con fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo
manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a
vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40.
2. é consentito, altresì, l'uso del fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad
anima liscia di calibro non superiore al 12 ed una o due ad anima rigata di calibro non inferiore
a millimetri 5,6, nonché l'uso dell'arco e del falco.
3. I bossoli delle cartucce devono essere recuperati dal cacciatore e non lasciati sul luogo di
caccia.
4. Nella zona faunistica delle Alpi è vietato l'uso del fucile con canna ad anima liscia a
ripetizione semiautomatica salvo che il relativo caricatore sia adattato in modo da non
contenere più di un colpo. 5. Sono vietati tutte le armi e tutti i mezzi per l'esercizio venatorio
non esplicitamente ammessi dal presente articolo. 6. Il titolare della licenza di porto di fucile
anche per uso di caccia è autorizzato, per l'esercizio venatorio, a portare, oltre alle armi
consentite, gli utensili da punta e da taglio atti alle esigenze venatorie.
1. L'attività venatoria si svolge per una concessione che lo Stato rilasci
a ai cittadini che la
richiedano e che posseggano i requisiti previsti dalla presente legge.
2. Costituisce esercizio venatorio ogni atto di
retto all'abbattimento o alla cattura di fauna
selvatica mediante l'impiego dei mezzi di cui all'articolo 13.
3. È considerato altresì esercizio venatorio il vaga
re o il soffermarsi con
i mezzi destinati a tale
scopo o in attitudine di
ricerca della fauna selvatica o di atte
sa della medesima per abbatterla.
4. Ogni altro modo di abbattimento è vietato, salvo che non avvenga per caso fortuito o per
forza maggiore.
5. Fatto salvo l'esercizio venatorio con l'arco o
con il falco, l'esercizi
o venatorio stesso può
essere praticato in via esclusiva in una delle seguenti forme: a) vagante in zona Alpi; b) da
appostamento fisso; c) nell'insieme delle altre
forme di attività venatoria consentite dalla
presente legge e praticate nel rimanente
territorio destinato all'attività venatoria
programmata.
6. La fauna selvatica abbattuta durante l'esercizio venatorio nel rispetto delle disposizioni della
presente legge appartiene a colui che l'ha cacciata.
7. Non costituisce esercizio venatorio il prelievo di fauna selvatica ai fini di impresa agricola di
cui all'articolo 10, comma 8, lettera d).
8. L'attività venatoria può essere
esercitata da chi abbia compiuto
il diciotessimo anno di età e
sia munito di licenza di porto
di fucile per uso di caccia, di
polizza assicurativa per la
responsabilità civile verso terzi derivante dall'uso delle armi o degli arnesi utili all'attività
venatoria, con massimale
di lire un miliardo per
ogni sinistro, di cui li
re 750 milioni per ogni
persona danneggiata e lire 250 milioni per danni
ad animali ed a cose, nonché di polizza assicurativa per infortuni
correlata all'esercizio dell'attività
venatoria, con massimale di lire 100
milioni per morte o invalidità permanente.
9. Il Ministro dell'agricoltura e delle foreste, sentito il Comitato tecnico faunistico-venatorio
nazionale, provvede ogni quattro anni, con
proprio decreto, ad aggiornare i massimali
suddetti.
10. In caso di sinistro colui che ha subito il da
nno può procedere ad azione diretta nei confronti
della compagnia di assicurazione
presso la quale colui che ha ca
usato il danno ha contratto la
relativa polizza.
11. La licenza di porto di fucile per uso di caccia ha validità su tutto il territorio nazionale e
consente l'esercizio venatorio nel rispetto delle
norme di cui alla presente legge e delle norme
emanate dalle regioni.
12. Ai fini dell'esercizio dell'attività venatoria è altresì necessario il possesso
di un apposito
tesserino rilasciato dalla regione di
residenza, ove sono indicate le
specifiche norme inerenti il
calendario regionale, nonché le forme di cui al comma 5 e gli ambiti territoriali di caccia ove è
consentita l'attività venatoria. Per l'esercizi
o della caccia in regioni
diverse da quella di
residenza è necessario che,
a cura di quest'ultima, vengano
apposte sul predetto tesserino le
indicazioni sopramenzionate.
1. Agli effetti della presente legge il territorio delle Alpi, individuabile nella consistente presenza della tipica flora e fa una alpina, è considerato zona faunistica a sé stante. 2. Le regioni interessate, entro i limiti territoriali di cui al comma 1, emanano, nel rispetto dei principi generali della presente legge e degli accordi internazionali, norme particolari al fine di proteggere la caratteristica fauna e disciplinar e l'attività venatoria, tenute presenti le consuetudini e le tradizioni locali. 3. Al fine di ripristinare l'integrità del biotopo animale, nei territori ove sia e sclusivamente presente la tipica fauna alpina è consentita la immissione di specie autoctone previo parere favorevole dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. 4. Le regioni nei cui territori sono comp resi quelli alpini, d' intesa con le regioni a statuto speciale e con le province autonome di Trento e di Bolzano, determinano i confini della zona faunistica delle Alpi con l'apposizione di tabelle esenti da tasse.
1. Tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazi
onale è soggetto a pianificazione faunistico-
venatoria finalizzata, per quanto attiene alle spec
ie carnivore, alla conservazione delle effettive
capacità riproduttive e al contenimento naturale
di altre specie e, per qu
anto riguarda le altre
specie, al conseguimento della densità ottimale e alla sua conservazione mediante la
riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.
2. Le regioni e le province, con le modalità previste nei commi 7 e 10, realizzano la
pianificazione di cui al comma 1 mediante la destinazione differenziata del territorio.
3. Il territorio agro-silvo-pastorale di ogni re
gione è destinato per una quota dal 20 al 30 per
cento a protezione della fauna selvatica, fatta ecce
zione per il territorio
delle Alpi di ciascuna
regione, che costituisce zona faunistica a sé
stante ed è destinato a protezione nella
percentuale dal 10 al 20 per cento. In dette pe
rcentuali sono compresi
i territori ove sia
comunque vietata l'attività ve
natoria anche per effetto di
altre leggi o disposizioni.
4. Il territorio di protezione di cui al comma
3 comprende anche i territori di cui al comma 8,
lettere a), b), e c). Si intende per protezione il
divieto di abbattimento e cattura a fini venatori
accompagnato da provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la riproduzione, la cura
della prole.
5. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale può essere destinato nella percentuale massima
globale del 15 per cento a caccia
riservata a gestione privata ai sensi dell'articolo 16, comma
1, e a centri privati di riproduzione de
lla fauna selvatica allo stato naturale.
6. Sul rimanente territorio agro-silvo-pastoral
e le regioni promuovono forme di gestione
programmata della caccia, secondo le modalità stabilite dall'articolo 14.
7. Ai fini della pianificazione generale del territorio agro-silvo-pastorale
le province
predispongono, articolandoli per comprens
ori omogenei, piani faunistico-venatori.
Le province predispongono altresì piani di miglioramento ambientale
tesi a favorire la
riproduzione naturale di fauna selvatica nonché
piani di immissione di fauna selvatica anche
tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero nei parchi nazionali e regionali e in altri
ambiti faunistici, salvo accertamento delle compatibilità genetiche da parte dell'Istituto
nazionale per la fauna selvatica e sentite le organizzazioni professionali agricole presenti nel
Comitato tecnico faunistico-venatorio nazional
e tramite le loro strutture regionali.
8. I piani faunistico-venatori di
cui al comma 7 comprendono:
a) le oasi di protezione, destinate al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna
selvatica;
b) le zone di ripopolamento e cattura, destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo
stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni
utili all'ambientamento fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità faunistica
ottimale per il territorio;
c) i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, ai fini di
ricostituzione delle popolazioni autotctone;
d) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di
azienda agricola singola, consortile o cooper
ativa, ove è vietato l'
esercizio dell'attività
venatoria ed è consentito il prelievo di animali
allevati appartenenti a specie cacciabili da parte
del titolare dell'impresa agricola, di dipenden
ti della stessa e di
persone nominativamente
indicate;
e) le zone e i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani anche su fauna
selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie
cacciabili, la cui gestione può essere affidata
ad associazioni venatorie e cinofile ovvero ad
imprenditori agricoli
singoli o associati;
f) i criteri per la determinazione del risarcimento in favore dei conduttori dei fondi rustici per i
danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzio
ni agricole e alle opere approntate su fondi
vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b), e c);
g) i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi
rustici, singoli o associati, che si
impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali e
all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b);
h) l'identificazione delle zone in cui so
no collocabili gli a
ppostamenti fissi.
9. Ogni zona dovrà essere indicata da tabe
lle perimetrali, esenti
da tasse, secondo le
disposizioni impartite dalle regioni, apposte a cura dell'ente, associazione o privato che sia
preposto o incaricato della ge
stione della singola zona.
10. Le regioni attuano la pianificazione faunistico-venatoria mediante il coordinamento dei
piani provinciali di cui al comma 7 secondo criteri dei quali l'Istituto nazionale per la fauna
selvatica garantisce la omogeneità e la congruenza a norma del comma 11, nonché con
l'esercizio di poteri sostitutivi nel caso di ma
ncato adempimento da parte delle province dopo
dodici mesi dalla data di entrata
in vigore della
presente legge.
11. Entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica trasmette al Ministro dell'agricoltura e delle foreste e al Ministro dell'ambiente il primo documento orientativo circa i criteri di omogeneità e congruenza che
orienteranno la pianificazione faunistico-venatoria. I Ministri, d'intesa, trasmettono alle regioni
con proprie osservazioni i criteri della programmazione, che deve essere basata anche sulla conoscenza delle risorse e della consistenza
faunistica, da conseguirsi anche mediante
modalità omogenee di rilevazione e di censimento.
12. Il piano faunistico-venatorio regionale determina i criteri per la individuazione dei territori
da destinare alla costituzione di aziende faunistico-venatorie, di aziende agri-turistico-
venatorie e di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.
13. La deliberazione che determina il perimetro delle zone da vincolare, come indicato al
comma 8, lettere a), b) e c), deve essere notificata ai proprietari o conduttori dei fondi
interessati e pubblicata mediante affissione all'albo pretorio dei comuni territorialmente
interessati.
14. Qualora nei successivi sessanta giorni sia presentata opposizione motivata, in carta
semplice ed esente da oneri fiscali, da parte de
i proprietari o conduttori dei fondi costituenti
almeno il 40 per cento della superficie complessi
va che si intende vincolare, la zona non può
essere istituita.
15. Il consenso si intende validamente accordato
anche nel caso in cui no
n sia stata presentata
formale opposizione.
16. Le regioni, in via eccezionale, ed in vi
sta di particolari necessità ambientali, possono
disporre la costituzione coattiva di oasi di
protezione e di zone di
ripopolamento e cattura,
nonché l'attuazione dei piani di miglioramento ambientale di cui al comma 7.
17. Nelle zone non vincolate per la opposizione ma
nifestata dai proprietari o conduttori di fondi
interessati, resta, in ogni caso, precluso l'esercizio dell'attività venatoria. Le regioni possono
destinare le suddette aree ad altro uso nell'ambito della pianificazione faunistico-venatoria.
1. Le regioni esercitano le funzioni amminist
rative di programmazione
e di coordinamento ai
fini della pianificazione faunistico-venatoria di cui all'articolo 10 e svolgono i compiti di
orientamento, di controllo e sostitutivi previsti dalla presente legge e dagli statuti regionali.
Alle province spettano le funzioni amminist
rative in materia di caccia e di protezione
della fauna secondo quanto previsto dalla
legge 8 giugno 1990, n. 142, che
esercitano nel rispetto della presente legge.
2. Le regioni a statuto speciale e le province au
tonome esercitano le funzioni amministrative in
materia di caccia in base
alle competenze esclusive nei limiti stabiliti dai rispettivi statuti.
1. Presso il Ministero dell'agric
oltura e delle foreste è istituito il Comitato tecnico faunistico-
venatorio nazionale (CTFVN) composto da tr
e rappresentanti nominati dal Ministro
dell'agricoltura e delle foreste, da tre rappresenta
nti nominati dal Ministro dell'ambiente, da tre
rappresentanti delle regioni nomina
ti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, da tre rappre
sentanti delle province
nominati dall'Unione delle provin
ce d'Italia, dal direttore dell'Is
tituto nazionale per la fauna
selvatica, da un rappresentante per ogni associaz
ione venatoria nazionale riconosciuta, da tre
rappresentanti delle organizzazioni profession
ali agricole maggiorme
nte rappresentative a
livello nazionale, da quattro rappresentanti delle
associazioni di protezio
ne ambientale presenti
nel Consiglio nazionale per l'ambiente, da un ra
ppresentante dell'Unione zoologica italiana, da
un rappresentante dell'Ente nazi
onale per la cinofilia italia
na, da un rappresentante del
Consiglio internazionale della caccia e della conservazione della selvaggina, da un
rappresentante dell'Ente nazionale per la protez
ione degli animali, da un rappresentante del
Club alpino italiano.
2. Il Comitato tecnico faunistico-venatorio nazi
onale è costituito, entro un anno dalla data di
entrata in vigore della presente
legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
sulla base delle designazioni
delle organizzazioni ed associaz
ioni di cui al comma 1 ed è
presieduto dal Ministro dell'agricoltura
e delle foreste o da un suo delegato.
3. Al Comitato sono conferiti compiti di organo
tecnico consultivo per tutto quello che concerne
l'applicazione della presente legge.
4. Il Comitato tecnico faunistico-venatorio na
zionale viene rinnovato ogni cinque anni.
1. L'Istituto nazionale di biologia della selvaggina di cui all'articolo 35 della legge 27 dicembre
1977, n. 968, dalla data di entrata in vigore della presente legge assume la denominazione di
Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) ed opera quale organo scientifico e tecnico di
ricerca e consulenza per lo Stato, le regioni e le province.
2. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica, con sede centrale in Ozzano dell'Emilia (Bologna),
è sottoposto alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Presidente del Consiglio
dei ministri, di intesa con le regioni, definisce nelle norme regolamentari dell'Istituto nazionale
per la fauna selvatica l'istituzione di unità operative tecniche consultive decentrate che
forniscono alle regioni supporto per la predisposizione dei piani regionali.
3. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica ha il compito di censire il patrimonio ambientale
costituito dalla fauna selvatica, di studiarne lo stato, l'evoluzione ed i rapporti con le altre
componenti ambientali, di elaborare progetti di intervento ricostitutivo o migliorativo sia delle
comunità animali sia degli ambienti al fine della riqualificazione faunistica del territorio
nazionale, di effettuare e di coordinare l'attività
di inanellamento a scopo
scientifico sull'intero
territorio italiano, di collaborare con gli organismi
stranieri ed in particolare con quelli dei Paesi
della Comunità economica europe
a aventi analoghi compiti e fi
nalità, di coll
aborare con le
università e gli altri organismi di ricerca nazionali, di controllare e valutare gli interventi
faunistici operati dalle regioni e dalle province autonome, di esprimere i pareri tecnico-
scientifici richiest
i dallo Stato, dalle regioni
e dalle province autonome.
4. Presso l'Istituto nazionale per la fauna selvatica sono istituiti una scuola di specializzazione
post-universitaria sulla biologia e la conservazione della fauna selvatica e corsi di preparazione
professionale per la gestione della fauna selvatica per tecnici diplomati. Entro tre mesi dalla
data di entrata in vigore della presente
legge una commissione istituita con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, composta da un rappresentante del Ministro
dell'agricoltura e delle foreste, da un rappre
sentante del Ministro dell'ambiente, da un
rappresentante del Ministro della sanità e dal
direttore generale dell'
Istituto nazionale di
biologia della selvaggina in carica alla data di
entrata in vigore della
presente legge, provvede
ad adeguare lo statuto e la pianta organica dell
'Istituto ai nuovi compiti previsti dal presente
articolo e li sottopone al Presidente del Consiglio dei ministri, che li approva con proprio
decreto.
5. Per l'attuazione dei propri fini istituzionali, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica
provvede direttamente
alle attività di cui all'articolo 4.
6. L'Istituto nazionale per la fauna selvatica è
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale
dello Stato nei giudizi attivi e passivi aventi l'autorità giudiziaria, i collegi arbitrali, le
giurisdizioni amministrative e speciali.
1. Le regioni, sulla base di apposito regolamento, disciplinano l'attività di tassidermia ed
imbalsamazione e la detenzione o il possesso di preparazioni tassidermiche e trofei.
2. I tassidermisti autorizzati devono segnalare all'autorità competente le richieste di impagliare
o imbalsamare spoglie di specie protette o comunque non cacciabili ovvero le richieste relative
a spoglie di specie cacciabili avanzate in periodi diversi da quelli previsti nel calendario
venatorio per la caccia della specie in questione.
3. L'inadempienza alle disposizioni di cui al comma 2 comporta la revoca dell'autorizzazione a
svolgere l'attività di tassidermista, oltre alle sanzioni previste per chi detiene illecitamente
esemplari di specie protette o per chi cattura esemplari cacciabili al di fuori dei periodi fissati
nel calendario venatorio.
4. Le regioni provvedono ad emanare, non oltre un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, un regolamento atto a disciplinare l'attività di tassidermia ed imbalsamazione
di cui al comma 1.
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