1. Per l'utilizzazione dei fondi inclusi nel piano faunistico-venatorio regionale ai fini della
gestione programmata della caccia, è dovuto ai proprietari o conduttori un contributo da
determinarsi a cura della amministrazione regionale in relazione alla estensione, alle condizioni
agronomiche, alle misure dirette alla tutela e alla valorizzazione dell'ambiente.
2. All'onere derivante dalla erogazione del contributo di cui al comma 1, si provvede con il
gettito derivante dalla istituzione delle tasse di concessione regionale di cui all'articolo 23.
3. Il proprietario o conduttore di un fondo che intenda vietare sullo stesso l'esercizio
dell'attività venatoria deve inoltrare, entro trenta giorni dalla pubblicazione del piano faunistico-venatorio, al presidente della giunta regionale richiesta motivata che, ai sensi
dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dalla stessa è esaminata entro sessanta
giorni.
4. La richiesta è accolta se non ostacola l'attuazione della pianificazione faunistico-venatoria di
cui all'articolo 10. é altresì accolta, in casi specificatamente individuati con norme regionali,
quando l'attività venatoria sia in contrasto con l'esigenza di salvaguardia di colture agricole
specializzate nonché di produzioni agricole condotte con sistemi sperimentali o a fine di ricerca
scientifica, ovvero quando sia motivo di danno o di disturbo ad attività di rilevante interesse
economico, sociale o ambientale.
5. Il divieto è reso noto mediante l'apposizione di tabelle, esenti da tasse, a cura del
proprietario o conduttore del fondo, le quali delimitino in maniera chiara e visibile il perimetro
dell'area interessata.
6. Nei fondi sottratti alla gestione programmata della caccia è vietato a chiunque, compreso il
proprietario o il conduttore, esercitare l'attività venatoria fino al venir meno delle ragioni del
divieto.
7. L'esercizio venatorio è, comunque, vietato in forma vagante sui terreni in attualità di
coltivazione. Si considerano in attualità di coltivazione: i terreni con coltivazioni erbacee da
seme; i frutteti specializzati; i vigneti e gli uliveti specializzati fino alla data del raccolto; i
terreni coltivati a soia e a riso, nonché a mais per la produzione di seme fino alla data del
raccolto. L'esercizio venatorio in forma vagante è inoltre vietato sui terreni in attualità di
coltivazione individuati dalle regioni, sentite le organizzazioni professionali agricole
maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture regionali, in
relazione all'esigenza di protezione di altre colture specializzate o intensive.
8. L'esercizio venatorio è vietato a chiunque nei fondi chiusi da muro o da rete metallica o da
altra effettiva chiusura, di altezza non inferiore a metri 1,20, o da corsi o specchi d'acqua
perenni il cui letto abbia la profondità di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno 3 metri. I
fondi chiusi esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge e quelli che si intenderà
successivamente istituire devono essere notificati ai competenti uffici regionali. I proprietari o i
conduttori dei fondi di cui al presente comma provvedono ad apporre a loro carico adeguate
tabellazioni esenti da tasse.
9. La superficie dei fondi di cui al comma 8 entra a far parte della quota dal 20 al 30 per cento
del territorio agro-silvo-pastorale di cui all'articolo 10, comma 3.
10. Le regioni regolamentano l'esercizio venatorio nei fondi con presenza di bestiame allo stato
brado o semibrado, secondo le particolari caratteristiche ambientali e di carico per ettaro, e
stabiliscono i parametri entro i quali tale esercizio è vietato nonché le modalità di delimitazione
dei fondi stessi.
11. Scaduti i termini di cui all'articolo 36, commi 5 e 6, fissati per l'adozione degli atti che
consentano la piena attuazione della presente legge nella stagione venatoria 1994-1995, il
Ministro dell'agricoltura e delle foreste provvede in via sostitutiva secondo le modalità di cui
all'articolo 14, comma 15. Comunque, a partire dal 31 luglio 1997 le disposizioni di cui al primo
comma dell'articolo 842 del codice civile si applicano esclusivamente nei territori sottoposti al
regime di gestione programmata della caccia ai sensi degli articoli 10 e 14 (1).
(1) Comma così modificato dall'art. 11-bis, d.l. 23 ottobre 1996, n. 542, conv. in l. 23
dicembre 1996, n. 649.
1. Le regioni, su richiesta degli interessati e sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica,
entro i limiti del 15 per cento del proprio territorio agro-silvo-pastorale, possono:
a) autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende faunistico-venatorie, senza fini di
lucro, soggette a tassa di concessione regionale, per prevalenti finalità naturalistiche e
faunistiche con particolare riferimento alla tipica fauna alpina e appenninica, alla grossa fauna
europea e a quella acquatica; dette concessioni devono essere corredate di programmi di
conservazione e di ripristino ambientale al fine di garantire l'obiettivo naturalistico e faunistico.
In tali aziende la caccia è consentita nelle giornate indicate dal calendario venatorio secondo i
piani di assestamento e di abbattimento. In ogni caso, nelle aziende faunistico-venatorie non è
consentito immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto;
b) autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende agri-turistico-venatorie, ai fini di
impresa agricola, soggette a tassa di concessione regionale, nelle quali sono consentiti
l'immissione e l'abbattimento per tutta la stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento.
2. Le aziende agri-turistico-venatorie devono:
a) essere preferibilmente situate nei territori di scarso rilievo faunistico;
b) coincidere preferibilmente con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di
agricoltura svantaggiata, ovvero dismesse da interventi agricoli ai sensi del citato regolamento
(CEE) n. 1094/88.
3. Le aziende agri-turistico-venatorie nelle zone umide e vallive possono essere autorizzate
solo se comprendono bacini artificiali e fauna acquatica di allevamento, nel rispetto delle
convenzioni internazionali.
4. L'esercizio dell'attività venatoria nelle aziende di cui al comma 1 è consentito nel rispetto
delle norme della presente legge con la esclusione dei limiti di cui all'articolo 12, comma 5.
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